La Serie A si fa sponsorizzare da un bookmaker asiatico
- Le squadre di calcio europee sempre più spesso si fanno sponsorizzare da dei bookmaker asiatici che non operano in alcun modo nel Vecchio Continente
- I club riescono a fare cassa, mentre i bookmaker approfittano della notorietà che le squadre hanno anche in Estremo Oriente
- Queste compagnie però in molti casi esibiscono delle licenze che sollevano molti dubbi
L’Asia è da tempo il “Far East” delle scommesse e del gioco online, una terra di nessuno dove operatori “non regolamentati” puntano farsi largo con qualunque mezzo nei vari mercati orientali, anche in quelli “dove le scommesse sono illegali e i governi introducono rigide limitazioni alla pubblicità” proprio per stroncare il business. Quello che stupisce però è che questi operatori – che poco o nulla hanno a che fare con l’Europa – sempre più spesso siglino ricchi contratti di sponsorizzazione con le squadre di calcio europee, e a volte persino le leghe sportive. E lo fa anche la nostra Serie A. I bookmaker in questo modo puntano soprattutto a costruirsi una reputazione, a consolidare quell’immagine di legalità fittizia negli Stati in cui raccolgono scommesse. Brutalmente: se sponsorizzano una squadra tanto importante, non possono essere illegali. I club sportivi invece fanno cassa, ma non si rendono conto che così facendo di compromettere la propria di immagine, e a volta anche di “mettere a repentaglio l’integrità delle competizioni”. L’allarme lo lancia la Global Lottery Monitoring System (associazione che riunisce le compagnie europee che offrono giochi numerici e lotterie) nello “Studio sugli operatori delle scommesse e le loro sponsorizzazioni dello Sport”.
Detto così sembra un’assurdità. Viene da pensare che – anche ammesso che possa essere vero – stiamo parlando di un numero esiguo di squadre, dei casi isolati. E invece è una prassi incredibilmente diffusa, in tutti i Paesi europei, e soprattutto ai livelli più alti del calcio internazionale. I loghi di questi bookmaker li vediamo praticamente ogni giorno. Solo che non ce ne rendiamo conto perché i brand sono scritti principalmente in ideogrammi – la traduzione compare sotto, ma è più piccola – e soprattutto quegli operatori non li abbiamo mai sentiti nominare. Succede persino in Italia, nonostante le sponsorizzazioni da parte dei bookmaker siano state vietate un paio di anni fa con il Decreto Dignità.
Il problema arriva appunto soprattutto dall’Asia, visto che spesso quei paesi vietano di sponsorizzare le squadre nazionali. I bookmaker dell’Estremo Oriente allora si spostano in Europa, tanto i nostri campionati sono seguitissimi e poter esporre sul sito il logo di una squadra spagnola o inglese è un richiamo enorme. Alla fine dei conti, per i club non c’è nulla di male: i bookmaker sembrano perfettamente legali visto che hanno una licenza rilasciata da un Paese asiatico. In alcuni casi, però, questi operatori sono addirittura legati a delle associazioni criminali – e quindi sorgono tutta una serie di preoccupazioni per l’integrità dello sport.
Ma anche senza considerare i casi estremi, il problema maggiore è queste autorizzazioni molto spesso sono dei semplici pezzi di carta senza nessun valore concreto. Il panorama è decisamente variegato, ci sono ad esempio gli operatori white label, quelli che raccolgono giochi e scommesse “sub-affittando” la licenza di un’altra compagnia. E ci sono quelli che utilizzano decine, se non centinaia, di siti “specchio” per confondere le acque e non far capire chi sia veramente a tirare le fila. Poi la GLMS cita il caso della Filippine (anche se pure lì si sta cercando di porre un freno, soprattutto per le pressioni della Cina): nelle licenze rilasciate da Manila “paradossalmente c’è una clausola che impedisce di raccogliere gioco nelle Filippine stesse”. L’associazione delle lotterie – richiamando la convenzione di Macolin sul match fixing – bolla queste compagnie come illegali, sostenendo che un bookmaker dovrebbe avere una licenza rilasciata dal Paese in cui opera.
Ci si trova innegabilmente in una zona grigia, ma su questo occorre aprire una piccola parentesi, la GLMS ribadisce più volte di non avere nulla in contrario sul fatto che un bookmaker sponsorizzi una squadra di calcio. Però sembra anche applicare dei criteri piuttosto rigidi per stabilire se un operatore è legale o no, e a volte sembra storcere il naso anche di fronte a dei bookmaker che sono stati autorizzati da diversi enti regolatori europei, e da noi alla fine dei conti sono conosciutissimi.
Nella Premier League e nella Liga il maggior numero di sponsorizzazioni opache
Ma anche se sul caso concreto i giudizi possono essere differenti, il quadro di insieme è comunque preoccupante. Anche perché il fenomeno è veramente diffuso, basta guardare cosa succede nei maggiori campionati europei, a iniziare dalla Premier League inglese, la più seguita al mondo, con 3,2 miliardi di telespettatori nella scorsa stagione. E soprattutto 1,3 miliardi di persone che hanno visto i match dall’Asia. Nella stagione 2019/2020, su 20 squadre, 10 sono state sponsorizzate da bookmaker, parliamo di sponsor di maglia, quindi c’è il brand del bookmaker sul petto o sulla manica. Alcuni di loro sono inglesi, ma la maggioranza si rivolge esclusivamente ai mercati asiatici, tanto che ben sei hanno il logo direttamente in ideogrammi. Tra questi c’è ManBetX che sponsorizza sia il Crystal Palace sia il Wolverhampton. Ogni contratto frutta al team fino a 10 milioni di sterline, circa il doppio di una normale sponsorizzazione. Se si considerano invece i betting partner (che non hanno il brand sulla divisa), il numero di squadre che hanno legami con operatori asiatici sale a 15, vale a dire 3 su 4.
La Liga spagnola è il secondo campionato più visto al mondo, qui 8 squadre su 20 hanno il logo di un bookmaker sulla maglia, 2 di questi operatori puntano prevalentemente ai mercati asiatici secondo i canoni della GLMS. E poi 14 club hanno altri contratti di sponsorizzazione con queste compagnie. La Liga stessa ha recentemente siglato un accordo con ManBetX che è diventato così betting partner dell’intero campionato. Un altro bookmaker asiatico, 1xbet, è invece diventato media partner della Liga, e quindi il brand compare in sovra-impressione quando viene segnato un goal.
In Italia si raggiunge il paradosso
In Italia al danno si aggiunge la beffa. Da noi infatti le sponsorizzazioni delle società di gioco sono vietate e quindi gli operatori con concessione ADM pagano sanzioni pesantissime se affiggono il brand da qualche parte. Ma poi, si scopre che è la stessa Lega di Serie A a farsi sponsorizzare da un bookmaker dell’Estremo Oriente. Si tratta di Yabo e il contratto è stato siglato nel marzo 2019, quindi quando il Decreto Dignità era già legge. Il logo dell’operatore compare ogni volta che un giocatore segna un goal, e – grazie ai cartelloni virtuali – scorre persino tra le pubblicità a bordo-campo. Nessuna violazione della legge italiana, anzi noi non ce ne siamo mai accorti, perché i brand e i cartelloni li possono vedere solamente gli spettatori asiatici. Il valore del contratto non è stato rivelato. La Serie A non è un caso isolato: per quanto riguarda i club, l’Inter ha una partnership con il bookmaker filippino LeTou, anche questo vale solo per il mercato asiatico.
Situazione molto particolare anche in Germania, dove il settore delle scommesse è sottoposto a una rigida regolamentazione. Qui, le 18 squadre della Bundesliga hanno siglato 23 partnership, nella maggior parte dei casi però con gli operatori statali. Ben 10 betting partner però, secondo gli standard GLMS, sono asiatici. In Francia, invece, solamente il Montpellier ha un bookmaker come sponsor di maglia, si tratta di Pasionbet che ha licenza francese. Ben 17 squadre su 20 della Ligue 1, però, hanno stretto partnership con operatori di gioco, e 3 di queste compagnie puntano soprattutto al mercato asiatico.
Anche gli altri sport sono a rischio
Il calcio comunque non è il solo sport in cui si assiste a questo fenomeno. Nell’EuroLeague di basket 11 bookmaker hanno siglato contratti di sponsorizzazione, e 2 di questi sono dell’Estremo Oriente. Nel caso dell’NBA, invece, 13 team su 30 hanno accordi con bookmaker, ma si tratta sempre di compagnie a stelle e strisce. Il mercato delle scommesse però è stato aperto da pochissimo tempo, e c’è il forte rischio che ben presto arrivino anche degli operatori asiatici, visto il numero di appassionati che l’NBA ha in Cina.
Le proposte della GLMS
Le misure per contenere questo fenomeno ci sono. Global Lottery non fa problemi a sottolineare che i primi responsabili di questa situazione siano i club sportivi che peccano quantomeno di ingenuità quando accettano una sponsorizzazione senza sapere a chi stringono la mano. L’associazione arriva a chiedere che questi club vengano sanzionati adeguatamente quando siglano contratti inopportuni. Ma poi suggerisce anche di adottare anche una serie di misure normative, come quelle proposte dalla convenzione di Macolin sul match-fixing. E ancora suggerisce che tutte le pubblicità che compaiono durante una manifestazione sportiva siano fatte nella lingua del Paese ospite.