Pubblicità del gioco, AgCom dichiara guerra a Google e YouTube
L’AgCom stacca due sanzioni pesantissime nei confronti di Google e Twitch, accusati di aver violato il divieto di pubblicità del gioco. Google – a causa di una serie di canali YouTube – viene chiamato a pagare 2 milioni e 250mila euro, mentre per il social media il conto è di “appena” 900mila euro. Archiviato invece il procedimento contro TikTok, nonostante la vicenda fosse simile per molti aspetti.
Si salva TikTok, nessun contratto con i creator
Per tutti e tre i colossi del web, il problema sono dei video che alcuni utenti avevano caricato per pubblicizzare siti e prodotti di gioco. TikTok però non aveva rapporti contrattuali con i creator in questione, mentre Twitch e soprattutto YouTube li avevano inclusi nei programmi riservati ai creator partner, ovvero quelli riservati agli utenti che hanno un certo seguito, e che danno diritto a una percentuale degli introiti pubblicitari maturati dalla piattaforma. Nel caso di YouTube, per ottenere questo status occorre “avere più di 4000 ore di visualizzazione pubbliche valide negli ultimi 12 mesi” e “avere più di 1000 iscritti” al proprio canale.
A YouTube, il Garante ha contestato la presenza di una cinquantina di canali, che complessivamente hanno caricato 22mila video vietati dal decreto Dignità. Anche nel caso di Twitch, i canali incriminati sono una cinquantina, il numero di video invece non viene quantificato, ma l’Autorità evidenzia alcuni comportamenti molto pericolosi. “In molteplici casi il soggetto del video induce il pubblico a ritenere che vincere denaro al gioco sia possibile e frequente“. O ancora, enfatizza “la remuneratività e la convenienza di tale attività, anche attraverso il riferimento a bonus riscattabili”.
Google è stato già assolto dal Tar
Google era già stato multato dall’AgCom, l’importo era molto più basso, 750mila euro, ma la vicenda era del tutto analoga. Giusto qualche mese fa, però, il Tar Lazio ha annullato quella sanzione spiegando che il colosso di Mountain View si limita a mettere a disposizione “uno spazio virtuale su cui gli utenti possono caricare i propri contenuti”. Ma non partecipa “effettivamente alla realizzazione dell’illecito”. In sostanza, “dalla descrizione dell’illecito resta indimostrata una condotta consapevole e partecipativa di Google Ireland all’attività promozionale vietata”.
Ma per l’AgCom quella sentenza non conta
Il Garante delle Comunicazioni nel nuovo procedimento menziona quella sentenza, ma non ne considera i contenuti. Anche perché ha presentato appello, e quindi la questione è tutt’altro che conclusa. Così nella nuova sanzione si sente libero di ripetere sostanzialmente le stesse valutazioni che aveva fatto mesi prima.
Spiega che Google doveva per forza conoscere i contenuti di quei canali. YouTube infatti, quando ammette un creator nel “Programma partner”, utilizza “non solo risorse automatizzate, ma anche umane specificatamente dedicate all’espletamento di detta attività in un arco temporale ragionevole e cioè non meno di 30 giorni”. Insomma, non può negare di aver visionato il contenuto di quei canali.
Deve essere il Garante a decide cosa è legale e cosa no
Google – c’è da scommetterci – impugnerà anche questa sentenza. E del resto già di fronte all’AgCom ha portato avanti moltissime obiezioni. Ma soprattutto ha sollevato un dubbio. Diversi di quei video non sono “manifestamente illeciti”, ma ricadono invece in una “zona grigia”. Bisogna insomma decidere caso per caso, il problema però è che non basta “la sensibilità richiesta ad un hosting provider come Google”, ma è necessaria “una valutazione dell’Autorità”.