Il gioco online post-Covid accelera, ma non minaccia le sale

Il gioco online post-Covid accelera, ma non minaccia le sale

Notizie ITA
  • Il gioco online è cresciuto durante la quarantena, ma non c’è stato quel balzo in avanti di anni che ha caratterizzato l’e-commerce;
  • Non c’è stata una migrazione di massa verso i casinò online, la maggior parte degli italiani ha smesso di giocare, e lo hanno fatto persino i soggetti a rischio;
  • La riapertura ha avuto un impatto diverso sui singoli giochi, sia online che a terra;
  • Intanto però i giocatori a rischio sono ancora sotto una bolla protettiva.

 

Quell’accelerazione verso il digitale che l’emergenza sanitaria ha innescato nell’economia italiana, nel caso del gioco non sembra esserci stata. C’è stata senza dubbio una crescita, in alcuni casi anche sostenuta, ma sembra più un’evoluzione del trend positivo che il gioco online vive da tempo, e non è certo quel salto in avanti di anni di cui si parla nel caso dell’e-commerce o anche dello smart-working. Tanto che alcuni operatori – a denti stretti – ammettono che i risultati di questi mesi abbiano un sapore agrodolce, e che i giocatori si siano dimostrati piuttosto refrattari al digitale.

 

Ovviamente alla base di tutto c’è il lockdown. Il gioco fisico è stato uno dei settori maggiormente colpiti dalle misure decise dal Governo per arginare la pandemia: sale, bingo e agenzie di scommesse sono state chiuse fin da subito a marzo, bar e tabaccherie hanno spento le slot, e le riaperture sono iniziate gradualmente a giugno. Anche i cosiddetti giochi da banco, come Lotto e SuperEnalotto, sono rimasti fermi circa un mese e mezzo tra la fine di marzo e l’inizio di maggio. Alla fine, nelle fasi più acute della pandemia, i giochi che si potevano acquistare erano pochissimi, e le occasioni del resto erano ridotte al lumicino, perché anche i giocatori – come chiunque altro – dovevano rispettare le rigide misure sugli spostamenti.

 

Insomma, ci si aspettava che i giocatori migrassero in massa verso l’online e che in buona parte non tornassero indietro. Questo però non è avvenuto, non lo hanno fatto nemmeno i giocatori problematici, quelli che più che mai durante il lockdown – si temeva – avrebbero avuto difficoltà a controllare la dipendenza. Il che sembra confermare che “Le due popolazioni di giocatori on-site e online restano ben distinte” sottolinea Cesare Guerreschi, presidente del Siipac – Società Italiana di Intervento sulle Patologie Compulsive.

 

Durante il lockdown molta gente ha smesso di giocare

La quarantena forzata sembra aver inciso profondante sulle abitudini di gioco degli italiani. Lo mette in evidenza lo studio GAPS#iorestoacasa condotto – praticamente in tempo reale – dall’Istituto di fisiologia clinica del CNR di Pisa. Il Consiglio, grazie a un questionario online, ha indagato sul comportamento tenuto da 3.971 persone nell’arco di 6 settimane tra aprile e maggio scorsi, praticamente quando quasi tutto il settore del gioco a terra era fermo.

 

La cosa positiva è che il report appura quello che hanno fatto tutti i giocatori – sociali, a rischio e patologici – anche se poi lo stesso CNR sottolinea il questionario ha attratto in particolar modo la fascia di persone più sensibili al tema: il 13,3% di chi ha giocato nell’arco dell’ultimo anno e il 27,6% di chi lo ha fatto in periodo Covid-19, mostrano un profilo severo di problematicità. E sono dati nettamente superiori alle medie ordinarie, lo stesso CNR parla di una quota di problematici intorno al 3% della popolazione generale.

 

Comunque, il 3,6% ha detto di aver giocato in qualche tabaccheria o bar, mentre è leggermente più alta la percentuale di quelli che hanno giocato online, si sale al 3,7%. C’è un crollo verticale rispetto alla quota di italiani che giocano in un periodo “normale”: l’Istituto Superiore di Sanità nell’indagine epidemiologica condotta nel 2018 parlava di un 36,4% della popolazione adulta. Anche se il confronto va fatto con tutte le cautele del caso, non fosse altro perché l’indagine del CNR prende in considerazione un lasso di tempo di sei settimane, la ricerca dell’ISS fa riferimento alle persone che hanno giocato almeno una volta nell’ultimo anno.

 

Il lockdown però – per quanto riguarda il gioco in sala – sembra aver compresso il desiderio di giocare in tutti, soggetti problematici e non: il 35,4% delle persone che hanno detto di aver giocato ha infatti allentato le abitudini, e il 22,8% ha addirittura smesso di giocare. Complessivamente, siamo quasi a 6 giocatori su 10. Poco più di un quarto dei giocatori (26,6%) ha proseguito con la stessa frequenza.

 

C’è anche però un 13,9% che ha aumentato le occasioni, e in particolare l’8,5% usciva di casa anche più volte al giorno per giocare. Si tratta sempre di quote da calcolare su quel 3,6% di persone che hanno detto di aver giocato, se le riportiamo al totale degli intervistati, stiamo parlando rispettivamente dello 0,5 e dello 0,3% . Ovvero di un decimo di quei giocatori che in un periodo normale manifestano problemi; e questo nonostante al sondaggio abbia risposto una fetta di soggetti a rischio ben superiore rispetto alla media.

 

Per questi soggetti in particolare, la quarantena sembra aver spezzato in qualche modo il circolo vizioso. Lo confermano le stesse associazioni che offrono aiuto: “La sensazione è che molti giocatori non abbiano più avuto la percezione di se stessi come persone a rischio di dipendenza” spiega a SlotJava, Enrico Malferrari, responsabile dell’area gioco d’azzardo dell’associazione Papa Giovanni XXIII. “Quando non puoi nemmeno produrre delle fantasie di gioco, il pensiero va altrove. Queste persone hanno ripreso almeno in parte una sensazione di normalità che non provavano da tempo”.

 

L’online invece è cresciuto

Nel caso del gioco online, invece, le cose sono andate in maniera un po’ differente, prosegue la ricerca del CNR. Per quanto riguarda il gioco, un terzo degli intervistati (il 33,8% per l’esattezza) conferma di aver puntato di più e più spesso, pochi meno (il 28,8%) non hanno modificato le vecchie abitudini. C’è un 11,3% dei giocatori che ha iniziato a frequentare casinò online e poker room proprio durante la quarantena, ma di certo non si può parlare di migrazione di massa. “C’è una differenza talmente grande tra i numeri delle slot fisiche e quelli delle slot online, che porta a escludere una migrazione dei giocatori, se non su fasce molto marginali” commenta Giovanni Carboni, consulente esperto di gioco online.

 

Il CNR sottolinea poi che nel caso dell’online gli utenti hanno anche giocato con una maggiore frequenza: il 30,5% una o più volte al giorno, altrettanti più volte a settimana, il resto da una a quattro volte al mese. Ma questo non indica necessariamente un comportamento a rischio. È avvenuta la stessa cosa anche in altri casi. Ad esempio, molti italiani hanno fumato e bevuto di più, nel caso degli alcoolici i consumi sono aumentati addirittura del 180%. Poi bisogna vedere se nel lungo periodo le abitudini tornano nella norma.

 

E ora?

Ma poi c’è da capire cosa sta succedendo adesso, se una volta riaperte le sale e le agenzie sia tornato tutto come prima, o se le “anomalie” che si sono verificate durante la quarantena siano poi diventate in qualche modo strutturali.

 

Per il gioco a terra, SlotJava ha chiesto chiarimenti a Sapar che però deve ancora effettuare un bilancio a livello nazionale. Lo stesso Salvo Pistoia, vicepresidente dell’associazione e delegato regionale per la Sicilia, sottolinea che si tratta di un quadro – per forza di cose – parziale. Il bilancio comunque è positivo, anche se qualche tentennamento c’è e non tutti i prodotti hanno reagito allo stesso modo. “La riapertura è partita con una certa lentezza a giugno, ma poi a luglio le sale hanno recuperato. A agosto poi c’è stata una flessione, ma probabilmente è dovuta al periodo di ferie. Gli italiani avevano bisogno di allontanarsi dalle città dopo i mesi di quarantena. Ora settembre è dà segnali positivi” spiega.

 

Per quanto riguarda le scommesse, il trend è in crescita: “sono ripartite bene: i giocatori ne sentivano la mancanza dopo che nei mesi di chiusura si erano fermati anche gli sport”. Il bingo in sé invece “è in difficoltà a causa delle misure di distanziamento”. Le sale possono accogliere la metà dei clienti per cui sono state pensate e questo ridimensiona l’appeal del gioco. Ma almeno “stanno recuperando qualcosa grazie alle slot”. Queste ultime infatti sono in positivo, e stanno compensando – in parte – la voragine che si è creata per le vlt. Ma qui il Covid non c’entra. Le newslot “a gennaio e febbraio erano in crescita, in quel periodo abbiamo dovuto cambiare le schede per adeguarci al nuovo payout – e quindi abbiamo introdotto nuovi giochi che hanno attratto l’attenzione. I giocatori sapevano che la quota di vincite era passata dal 68 al 65% della raccolta, e questo inizialmente li ha frenati un po’, ma poi hanno gradito i nuovi prodotti. Adesso, dopo la riapertura sono sostanzialmente in linea con il 2019”. Le vlt al contrario “stanno attraversando un momento di crisi che però risale a prima del lockdown. Il problema è nato con l’introduzione della tessera del giocatore a inizio anno, e si parlava di un calo del 30%. Adesso credo che potremmo essere addirittura al 40, e probabilmente le newslot hanno preso un po’ di quota di mercato”.

 

Nel caso dell’online, invece, Carboni spiega ancora che i diversi prodotti hanno avuto un impatto differente: “Il poker, che nei mesi di chiusura aveva registrato un aumento sostenuto, poi è calato molto e è tornato praticamente ai livelli precedenti. Per molti probabilmente è stato un passatempo, e in quel periodo di tempo ce n’era molto”. Trend diverso per le scommesse virtuali che in passato, nella versione online, non avevano avuto una fortuna particolare: “sono cresciute molto durante i mesi di chiusura, ma adesso hanno conservato quel trend anche se non completamente”. Le scommesse sportive invece “durante la chiusura sono calate, del resto non c’erano eventi su cui giocare. Adesso hanno ripreso a funzionare”. Gli unici con un bilancio totalmente positivo sono i casinò online: “durante la chiusura c’è stata un’accelerazione che sembra in parte conservata. Diciamo che siamo a livelli più sostenuti di quelli dell’anno scorso, più simili a quelli di due anni fa”. Il fenomeno però va contestualizzato: “bisogna considerare che il gioco online da diversi anni registra crescite a due cifre”, ma “è un fenomeno che va di pari passo con la diffusione di internet e dei device”.

 

Cosa fanno i giocatori a rischio

L’ultimo tassello è la reazione dei giocatori problematici e al momento il bilancio appare piuttosto positivo. L’Istituto Superiore di Sanità spiega a SlotJava che in queste settimane non c’è stato un particolare incremento di telefonate al numero verde di assistenza sul gioco patologico. Anzi al contrario, c’è addirittura “un calo di una chiamata in media al giorno rispetto al periodo di lockdown”. E anche i giocatori che si rivolgono alle associazioni di sostegno non raccontano di situazioni particolarmente diverse dal solito: “i familiari di giocatori d’azzardo chiedono principalmente informazioni su come aiutare i propri cari a smettere di giocare e informazioni per far fronte alle problematiche economiche; i giocatori d’azzardo chiedono principalmente aiuto per smettere di giocare” spiega ancora l’ISS. L’unica differenza è che durante la quarantena alcuni giocatori chiedevano “aiuto per gestire l’insofferenza dovuta all’impossibilità di andare a giocare” o “per far fronte e superare l’impulso di giocare che non poteva essere soddisfatto durante il lockdown”. Adesso ovviamente questo problema non c’è.

 

Anche secondo Malferrari, per il momento non c’è un’esplosione: “Alcuni giocatori hanno avuto delle ricadute, e altri non si sono ripresentati. Ma ci sono anche dei giocatori che hanno tenuto durante il lockdown, e che anche adesso sono sotto un effetto protettivo”. Alcuni che hanno ripreso a giocare, poi, sembrano aver raggiunto un equilibrio: “dicono di avere una maggiore capacità di tenuta, e che per la prima volta hanno percepito un senso di liberazione. Stiamo parlando però non di giocatori patologici veri e propri, ma di giocatori problematici o di giocatori che hanno raggiunto un certo livello di controllo”. Altro dato positivo è che non sembrano aver sostituito una dipendenza con un’altra, secondo gli esperti il rischio maggiore lo rappresenta l’alcolismo, che ha diversi tratti in comune con il gioco patologico. “Di certo, c’è stato un aumento del consumo di alcool” prosegue Malferrari, “ma nella media non sono caduti in altre dipendenze”.

 

Su quello che succederà nei prossimi mesi, però, c’è una certa prudenza. Guerreschi ipotizza che proseguirà il trend di questo periodo “con una percentuale contenuta di persone passate all’online, una percentuale ridotta di interruzioni e purtroppo una lenta ma crescente ripresa del gioco fisico, con possibili ricadute per coloro che sono sotto trattamento per la sintomatologica”.

Gioel Rigido