Il divieto di pubblicità finisce alla CGE, ma non è una vittoria
Google porta il divieto di pubblicità del gioco alla Corte di Giustizia europea. E di solito una notizia del genere è una gran buona notizia. Questa ordinanza, però, sembra una bomba a orologeria, i giudici italiani infatti sembrano piuttosto convinti che il colosso di Mountain View sia colpevole. E a questo punto il rinvio alla CGE è più che altro un modo per togliersi lo scrupolo. A peggiorare la situazione c’è il fatto che Google ha ricevuto svariate sanzioni, alcune valgono milioni di euro, ma almeno i giudici sembrano intenzionati a concedere uno sconto.
Google nei guai per alcuni canali Youtube
Ancora una volta la compagnia è finita nei guai per i contenuti che degli utenti hanno pubblicato su Youtube. La piattaforma infatti ospitava diversi canali su cui un creator inseriva delle clip per pubblicizzare siti di gioco e slot online. Una volta ricevute le contestazioni dell’AgCom, Google ha immediatamente cancellato i contenuti incriminati. Il Garante però ha emesso ugualmente una sanzione, che per la cronaca vale 750mila euro.
Il problema principale è che il creator in questione aveva una partnership commerciale con Google, e quindi riceveva una parte dei profitti che la piattaforma incassava dalla pubblicità. L’accordo prevedeva che Google effettuasse dei controlli sui contenuti diffusi su quei canali. Secondo l’AgCom, la compagnia quindi si sarebbe dovuta accorgere che quei video erano una forma di pubblicità del gioco. La compagnia invece ha provato a spiegare che quei controlli vengono effettuati in maniera automatizzata, utilizzando dei software e degli algoritmi, e quindi non sono in grado di individuare simili violazioni.
I dubbi del Consiglio di Stato
I giudici del Consiglio di Stato sottolineano che per prima cosa occorre stabilire se Google abbia un ruolo meramente attivo o passivo. Vale a dire se promuova in qualche modo quei contenuti o si limiti a mettere a disposizione dell’utente la piattaforma tecnologica. Questo perché in base al diritto Ue, i provider passivi non possono essere sanzionati, se non sono a conoscenza delle irregolarità, e se rimuovono immediatamente i contenuti. E questo è uno dei due quesiti che dovrà risolvere la CGE.
Ma anche se si rivolgono ai colleghi comunitari, i giudici italiani non sembrano nutrire molti dubbi. Sottolineano infatti che Google sottopone quei video a “una verifica sebbene non necessariamente umana e non necessariamente riguardante ogni video”. E che svolge tutta una serie di attività: “riscuote gli abbonamenti al canale”, e “condivide con il titolare del canale i profitti derivanti dalle pubblicità … così incentivando il titolare medesimo ad aumentare il numero delle visualizzazioni”. E questo sembra dimostrare che abbia un proprio interesse a massimizzare le visualizzazioni.
Ma poi c’è anche il dubbio che il diritto comunitario non si applichi al caso in questione. Il gioco d’azzardo, infatti, è una materia su cui l’Ue lascia piena ai singoli Stati, visto che ogni Paese ha una sensibilità differente. Google non offre gioco, ma una serie di altri servizi. Che in questo caso specifico vengono però utilizzati per promuovere il gioco. Nel caso, non avrebbe senso interrogarsi sul ruolo attivo o passivo: non bisognerebbe applicare il diritto Ue, ma solo quello italiano. E quindi Google andrebbe comunque sanzionata.
Le sanzioni però sono troppo alte
Anche in questo caso, il Consiglio di Stato scarta la tesi pro-Google, ma poi gira la questione alla CGE. L’unica cosa è che i giudici sembrano colpiti dalle maxi-sanzioni staccate dall’AgCom. E allora dicono che Google non può avere una “responsabilità oggettiva” e “illimitata” per ogni contenuto messo in rete. E che occorrerà “individuare lo standard di diligenza richiesto all’hosting provider”.