Collusion e chip dumping, le più grandi truffe al poker
- Le truffe nel poker online sono relativamente diffuse, ma le room da sempre adottano una serie di strumenti per riconoscerle subito
- Le più frequenti sono la collusion e il chip-dumping, ma cresce l’allarme sui bot
- Le truffe più grandi però sono state orchestrate da degli inside men, come nel caso di Ultimate Bet e Absolute Poker
La Cassazione ha confermato pochi giorni fa la condanna per riciclaggio e truffa informatica di un giocatore di poker online che si serviva dei tavoli verdi virtuali per riciclare denaro. Il meccanismo utilizzato era quello del chip-dumping: l’uomo era d’accordo con altri player, uno gioca per perdere, mentre l’altro incassava senza alcuno sforzo le vincite.
In questi casi non c’è un soggetto danneggiato in carne e ossa: gli altri giocatori non ne risentono se non in minima parte, e anche la piattaforma di gioco non viene coinvolta. L’unico a farne le spese è lo Stato, visto che l’obiettivo della truffa è di mascherare la provenienza del denaro che passa di mano, di far apparire come delle vincite i proventi di un’attività illecita o i soldi guadagnati in nero.
Le altre truffe: la collusion e i bot
Ci sono però anche altre truffe che colpiscono gli altri utenti delle room che si ritrovano nei panni del “pollo” nonostante magari siano abilissimi. Il caso classico è quello della collusion: due o più giocatori – sempre in combutta tra di loro – si scambiano informazioni sulle carte che hanno in mano e sulle strategie che adottano gli altri utenti, in questo modo possono decidere con maggiore consapevolezza se tentare un bluff, rilanciare o abbandonare una mano.
E poi nel corso del tempo sono stati messi a punto altri stratagemmi, nella maggior parte dei casi vengono utilizzati dei bot – dei software – che giocano da soli, senza il controllo di un uomo. I primi bot vennero creati all’inizio degli anni 2000 e nel corso del tempi sono divenuti sempre più frequenti. Qui tutto sta all’abilità di chi programma il bot, il pericolo maggiore è per i giocatori meno esperti.
Per le room comunque le truffe rappresentano quantomeno un danno all’immagine e per questo le compagnie di gioco investono risorse e energie per smascherarle. Ogni room dispone di software appositi e di una squadra di esperti che analizza le sessioni di gioco per individuare le anomalie, anche se collusion e chip-dumping sono dei raggiri che hanno tutto sommato una portata contenuta. In passato tuttavia non sono mancate delle truffe su larga scala.
La truffa colossale di Ultimate Bet e Absolute Poker
Una delle prime – e sicuramente la più grande mai attuata – è quella che una quindicina di anni fa ha sconvolto Ultimate Bet e Absolute Poker, due room gemelle che all’epoca erano tra le maggiori a livello mondiale. Viene da pensare che la truffa raggiunse una dimensione così grande e andò avanti per oltre 5 anni solo perché fu orchestrata da degli inside men, degli uomini che lavoravano all’interno della compagnia. Nei software delle poker room erano infatti stati inseriti dei super-account che consentivano di vedere quali carte avessero gli altri giocatori seduti al tavolo. Probabilmente questi account erano stati creati solo per elaborare delle statistiche, o per controllare la regolarità delle partite, alcuni infatti consentivano di vedere le carte solo 15 minuti dopo la conclusione della mano.
C’erano però alcuni account che svelavano le carte degli avversari in tempo reale, tanto che i truffatori lo avevano definito god-mode. Secondo quanto hanno rivelato le indagini, questo stratagemma non venne usato da un solo dipendente, ce ne fu però uno che se ne servì in maniera massiccia fin dal 2003. Si tratta di Russ Hamilton, un campione di poker che nel 1994 aveva anche vinto un braccialetto alle World Series e che poi si era messo a fare il consulente per il nascente settore del poker online.
Il truffatore smascherato dai giocatori
A smascherare Hamilton e compagni furono i giocatori, insospettiti dal fatto che un utente – che giocava con il nickname di PotRipper, che suona un po’ come l’arraffa-premi – avesse vinto una serie di mani troppo singolari. Alcuni utenti riuscirono a farsi consegnare dalla compagnia madre – che era all’oscuro di tutto – gli storici delle mani disputate in un torneo, il che confermò i loro dubbi. Decisero allora di chiedere l’intervento della Kahnawake Gaming Commission, l’ente regolatore del Quebec che aveva rilasciato la licenza e così partirono le indagini.
Cereus – la compagnia che gestiva il network – all’inizio negò ogni addebito, ma alla fine ammise la truffa, sottolineò però di essere del tutto estraneo alla vicenda, anche perché gli account erano stati creati quando le room venivano gestiti da un’altra compagnia.
Secondo i primi conteggi, Hamilton da solo aveva accumulato 6,1 milioni di dollari grazie a questo stratagemma, che già di per sé sarebbe un tesoro di tutto rispetto. In realtà l’uomo aveva incassato una cifra di gran lunga superiore: ben 22,1 milioni. Ultimate Bet e Absolute Poker persero la maggior parte degli utenti, riuscirono a recuperare un po’ di credibilità solo grazie ai rimborsi che riconobbero ai giocatori truffati. Nel 2011 però vennero affondate definitivamente dal Black Friday, la maxi-inchiesta condotta dal Dipartimento di Giustizia statunitense.
La truffa a Svenska Spel
Le truffe scoperte negli anni successivi hanno avuto una portata molto più ridotta, il che è certamente un buon segno. Probabilmente la frode di maggior rilievo è quella che ha coinvolto la Svenska Spel, che all’epoca gestiva in monopolio il settore in Svezia, all’inizio del 2013. Fu la stessa Sveska a insospettirsi perché alcuni giocatori vincevano troppo e a chiedere l’intervento delle Forze dell’Ordine.
Dopo alcuni mesi vennero arrestate 14 persone, secondo gli inquirenti usavano dei software illegali per analizzare i comportamenti di gioco degli avversari. In questo modo avevano accumulato vincite per 1,8 milioni di corone, al cambio di oggi sono circa 175mila euro. Anche in questo caso la compagnia ha risarcito i giocatori truffati. “Non possiamo promettere che questo non succederà mai più” ha affermato in una nota, “ma abbiamo fatto un passo in avanti, affermando che chi resta vittima di una frode si vedrà restituire i propri soldi. In ogni caso, però, c’è ancora molto lavoro da fare”.