I giochi che usciranno dalla quarantena
- Con le sale da gioco chiuse e le slot spente per arginare il coronavirus, il gioco online cresce in maniera esponenziale
- Probabilmente però il lockdown sta facendo crescere anche il gioco sui siti illegali
- Intanto gli operatori sanno che, quando le sale verranno riaperte, il settore del gioco avrà un ruolo fondamentale per portare risorse nelle casse dello Stato. E questa è un’occasione che non devono farsi scappare
La nostra attenzione, giustamente, è rivolta altrove, ai bollettini quotidiani delle persone che si ammalano e di quelle che guariscono, a come il Coronavirus stia avanzando negli altri Paesi, alle attività che possiamo svolgere tranquillamente, e a quelle invece che dobbiamo evitare per non essere noi i primi a diffondere il virus. Un po’ probabilmente è anche per il fatto che siamo rinchiusi tutto il giorno in casa, la percezione che riusciamo a avere del mondo esterno è estremamente limitata, e dipende in gran parte da quello che vediamo in televisione o da quello che leggiamo sui giornali. Si rischia quasi di credere che tutto il resto sia congelato, ma che – una volta arrivato il disgelo – ripartirà senza problemi. E invece, ci sono tante altre cose che stanno accadendo in questi giorni, e prima o poi – finita la quarantena e archiviate tutte le misure di contenimento – ci troveremo di fronte a una società e a un’economia molto diverse da quelle che avevamo lasciato.
Il settore del gioco è uno dei tanti che sono stati congelati: le sale slot, i bingo, le agenzie di scommesse sono stati tra i primi esercizi che il Governo ha deciso di chiudere. Poi, da una decina di giorni ha fermato anche i giochi come 10eLotto e SuperEnalotto che si acquistavano i tabaccheria. Al momento restano solo i giochi online e i Gratta e Vinci. Quando l’emergenza sarà finita, sarà inevitabile fare il conto delle agenzie e delle sale che non hanno più riaperto i battenti e di quelle che invece ce l’hanno fatta. Anche perché bisogna ricordare che il settore in sé viene da una crisi profondissima. Non solo di carattere economico, ma verrebbe da dire quasi esistenziale. Da un lato ci sono gli operatori che da anni invocano una riforma normativa e un equilibrio fiscale che garantiscano un po’ di stabilità. Dall’altro c’è una fascia consistente della società che vorrebbe cancellare del tutto il settore – i regolamenti regionali e comunali che limitano l’apertura delle sale sono l’esempio più evidente – per contrastare il problema del gioco patologico.
L’online fa il botto
Quello che possiamo dire già adesso, dopo poche settimane di stop, è che gli operatori hanno ragione quando dicono che se si elimina un gioco, o si chiude una sala, i giocatori non smettono di giocare. Semplicemente si spostano altrove. I bilanci del gioco online di marzo parlano chiaro, tutti i prodotti (a eccezione delle scommesse, chiaramente penalizzate dallo stop ai campionati) hanno messo a segno delle performance stratosferiche. I casinò online, in termini di spesa (ovvero quello che resta delle giocate una volta pagate le vincite) sono passati da 72,6 a 94 milioni di euro, e hanno messo a segno una crescita del 29,5%. Che già di suo sarebbe un risultato stupefacente. Ma il poker ha fatto addirittura meglio: la versione cash è balzata da 5,3 a 10 milioni di euro, e ha guadagnato l’88,7%; quella a torneo partiva dai 7,2 milioni di un anno fa, e adesso è arrivata a 16,1 milioni. Per gli appassionati di numeri siamo al 123% in più, per i profani vuol dire che la spesa è ben più che raddoppiata.
Il mercato nero e il gioco patologico
Difficile dire invece se della migrazione stia favorendo anche il mercato illegale. Nel caso dell’online, il lockdown dovrebbe avere effetti limitati, o quantomeno non dovrebbe influire sul numero di giocatori che utilizzano questi siti: chi già frequentava i casinò e le poker room ADM, di certo non smetterà di farlo perché adesso c’è il coronavirus. Ma d’altro canto, è molto probabile che gli utenti dei siti illegali abbiano preso a spendere di più, come hanno fatto quelli del mercato regolare.
Per quanto riguarda il gioco a terra, le sale sono chiuse e le slot sono spente per legge e, per forza di cose, chi vuole giocare deve rivolgersi al sommerso. Ma non è così facile, non solo perché gli avventori non possono uscire di casa. Le macchinette illegali infatti non sono così diffuse: uno dei meriti innegabili degli operatori autorizzati è di aver strappato palmo a palmo il settore agli irregolari. In alcune Regioni tuttavia, soprattutto quelle dove le mafie sono più radicate, le macchinette illegali non sono mai sparite, anzi. In altre – come il Piemonte, dove le norme locali impongono di togliere quelle autorizzate – stanno riprendendo piede. E qui quindi qualche rischio c’è sicuramente. Ma bisogna anche considerare dove si trovano queste macchinette: se si tratta di esercizi sottoposti a lockdown, va da sé che i giocatori non ci possano entrare. Chi proprio vuole continuare a giocare in una sala, deve trovarne una che violi qualunque norma. Insomma, deve proprio andarsela a cercare.
Impossibile dire inoltre se lo stand-by di queste settimane produrrà qualche beneficio nella lotta alla ludopatia. Probabilmente, è sbagliato credere che ci sia un rapporto immediato tra causa e effetto. E senza dubbio sarebbe necessario un periodo di tempo più lungo, che non un mese o due. Chi ha problemi con il gioco, e non può farlo a causa delle restrizioni, probabilmente riprenderà le sue abitudini non appena le sale verranno riaperte.
Quando il banco perde
C’è però un altro fenomeno che già adesso si inizia a vedere. Ovvero che lo stop ai giochi – insieme al crollo nel consumo di carburanti, visto che ci spostiamo tutti di meno – stanno creando una voragine nei conti dello Stato. A fare i conti ci ha pensato Repubblica, che parla di un totale di 2,5 miliardi di gettito in meno in appena un mese. Secondo le stime, i consumi di diesel e benzina sono crollati dell’80%, e lo Stato ha perso tasse e accise per circa un miliardo e mezzo di euro. L’altro miliardo di euro in meno dipende invece dalle slot spente e dalle sale chiuse, considerando che a marzo di un anno fa i giochi avevano portato nelle casse pubbliche 1,2 miliardi. Complessivamente, queste due voci valgono il 10% delle entrate erariali, e il buco si sta aprendo in un momento delicatissimo per il Paese, ovvero proprio quando il Governo – con il decreto Cura Italia – ha già messo in campo 25 miliardi di euro per tamponare la prima emergenza, e adesso si appresta a varare un pacchetto di nuove misure.
Secondo Maurizio Ughi, presidente di Obiettivo 2016, il settore dei giochi avrà un ruolo chiave non appena si tornerà a lavorare, perché “Sarà determinante per recuperare le risorse finanziarie che il Governo sta mettendo in campo in questi giorni”. E questo potrebbe anche cambiare la percezione che molti hanno del comparto. “Mi auguro che tutte le strumentalizzazioni che abbiamo visto finora cessino e che ci sia un dovuto riconoscimento nei confronti di chi – per conto dello Stato – raccoglie quella forma di tassazione cui volontariamente si sottopone il giocatore”.
Ma Ughi non è l’unico a sostenere che il lockdown alla fine potrebbe anche aprire delle possibilità. Perché adesso si può capire cosa succede veramente se le sale vengono chiuse e le slot rimangono spente. Gli operatori del settore lo hanno minacciato a più riprese, ogni volta che il Governo ha aumentato il prelievo fiscale, o una Regione ha imposto nuovi ostacoli rifiutando qualunque confronto. Ma, “È una cosa che non siamo mai stati in grado di fare di nostra volontà” ha constatato Domenico Distante, presidente della Sapar – la principale associazione che rappresenta i gestori delle macchinette – nel corso di una diretta Facebook. Non era così facile, non tanto per le perdite economiche, ma sopratutto perché avrebbero rischiato pesanti sanzioni. Adesso però “si vedrà quanto è importante questo settore”.