Bocciata la tassa Salva Sport sull’exchange, ma tornerà
- Arrivano le prime sentenze sulla tassa Salva Sport
- Il Tar conferma il prelievo nel caso delle scommesse ippiche. Salvo, ma solo per il momento, il betting exchange
- Quello che non convince è il criterio di calcolo applicato dall’ADM, ma per i giudici anche questo tipo di scommessa deve dare il proprio contributo
Suona come una vittoria a metà la sentenza con cui il Tar Lazio annulla la tassa Salva Sport per il betting exchange. Secondo i giudici infatti, il problema è che l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha adottato un criterio di calcolo poco trasparente, ma la tassa di per sé è legittima, in sostanza quindi bisognerà scegliere un nuovo metodo. È comunque un primo risultato – anche perché solo qualche giorno prima lo stesso Tar Lazio aveva pienamente legittimato il prelievo sulle scommesse ippiche – e gli operatori adesso chiedono all’Amministrazione di aprire un confronto per evitare di ripetere lo stesso errore.
Come nasce la tassa
La tassa ha grossomodo un anno di vita, è stata introdotta con il Decreto Rilancio nella primavera 2020 per garantire delle risorse aggiuntive al mondo dello sport e superare la crisi innescata dal Covid. In sostanza si applica un’addizionale dello 0,5% sulla raccolta delle scommesse sportive per due anni, la tassa deve garantire 40 milioni di euro il primo anno, e altri 50 milioni il secondo. Ora, il mondo delle scommesse non ha mai criticato le finalità della tassa – che di per sé sono nobilissime – avrebbe preferito però trovare altri modi per finanziare lo sport; non ha mai nascosto ad esempio che avrebbe preferito abolire il divieto di pubblicità e di sponsorizzazione. Sono nati così i primi malumori; inoltre, si capiva fin da subito che nel caso del betting exchange il prelievo avrebbe superato i ricavi.
Quando a settembre scorso ADM ha varato il decreto attuativo, sono sorti dei problemi anche per le altre scommesse, e a quel punto sono piovuti i ricorsi. Ogni operatore si è mosso per conto proprio, il Tar così ha emesso sentenza solamente sul ricorso di alcuni ippodromi per le scommesse ippiche e su quello di Betfair per il betting exchange. Anche Betflag ha presentato due ricorsi, uno per le ippiche e uno per il peer to peer, ma nelle scorse settimane ha chiesto un rinvio e tornerà in aula il 20 ottobre. Ci sono poi i ricorsi delle scommesse sportive, in questo caso non è stata fissata ancora l’udienza, ma potrebbero andare anche loro a ottobre.
Il ricorso dell’ippica
Nel caso delle scommesse ippiche, i bookmaker hanno sostenuto che la norma del decreto Rilancio faccia riferimento alle sole scommesse sportive, e non nomini espressamente le altre tipologie. È stata poi l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – appunto con il famoso decreto – a addossare la tassa anche alle scommesse sui cavalli. Il Tar tuttavia spiega che questa operazione è perfettamente lecita. “Il Legislatore aveva ben chiara la distinzione evidenziata dalle ricorrenti tra le scommesse sportive tout court e le scommesse ippiche pur ritenendole appartenenti al medesimo comparto, ragion per cui laddove avesse inteso escluderle dal prelievo straordinario introdotto, lo avrebbe espressamente previsto” si legge nella sentenza.
Il caso dell’exchange
Per il betting exchange, invece, bisogna ricordare che non c’è un vero e proprio bookmaker: gli utenti si scambiano le puntate tra di loro, ce n’è uno che piazza la giocata e un altro che l’accetta. L’operatore si limita a mettere a disposizione la piattaforma tecnologica, ma non assume nessun rischio, e per questo incassa una semplice commissione. Questo vuol dire che l’importo della tassa rischiava di superare i ricavi. I Monopoli hanno cercato un escamotage e hanno stabilito che la tassa ricada direttamente sui giocatori. Ma anche questo meccanismo solleva non pochi problemi: se è l’utente a pagate la tassa, questa formula di gioco diventa meno attraente, meno competitiva rispetto alle scommesse tradizionali che invece assicurano una vincita “netta”. Proprio per evitare di perdere clienti, Betfair e Batflag hanno preferito pagare di tasca propria il prelievo. Il Tar sembra rendersi conto di tutto questo, ma poi afferma che anche l’exchange deve dare il proprio contributo.
Nonostante il ruolo particolare degli operatori, l’exchange resta una scommessa e “non vi è dubbio che generi una raccolta”, pertanto – affermano i giudici – deve contribuire al Salva Sport. Il problema però è che ADM non ha spiegato perché abbia scelto quella determinata formula per calcolare la raccolta. Infatti, nel decreto del 2013 che ha lanciato queste scommesse non c’è una definizione di raccolta, non c’è una formula che consenta di calcolarla; quando si è trattato di applicare la tassa quindi ADM ne ha creata una apposta. Che però, secondo Betfair, favorisce le normali scommesse. L’operatore ha persino suggerito delle opzioni differenti “che sarebbero state maggiormente in grado di garantire la necessaria equiparazione tra le diverse tipologie di gioco e, al contempo, avrebbero inciso in modo meno invasivo sull’attività svolta dai concessionari del betting exchange”.
Per i giudici, a questo punto, “non risulta possibile valutare se le modalità di calcolo del prelievo (scelte da ADM, NdR) siano effettivamente in grado di garantire una parità di trattamento”. Il risultato è che il Tar annulla sì la tassa, ma chiede a ADM di emettere un nuovo decreto. Questa volta però “dovrà farsi carico di esternare il percorso logico, giuridico, motivazionale seguito” e dovrà “escludere la sussistenza di opzioni diverse di calcolo e versamento delle somme dovute all’erario che risultino ugualmente rispettose del dettato normativo ma che siano in grado di incidere in modo meno afflittivo la sfera giuridica dei concessionari interessati”.
Come sarà il nuovo decreto
Ipoteticamente, questa sentenza lascia a ADM la possibilità di confermare il metodo già seguito, e limitarsi a motivarlo adeguatamente. Un’ipotesi che tuttavia Moreno Marasco, presidente di LOGiCO respinge fermamente. “È un’ipotesi certamente plausibile, tuttavia al limite dell’assurdo, la sentenza sembra piuttosto cristallina” spiega a SlotJava, sottolineando che comunque il Tar ha riconosciuto che l’istruttoria svolta da ADM fosse carente: “Dubito sarà sufficiente che ADM riproponga le medesime modalità, argomentandole con maggior dovizia di particolari, perché tali conclusioni sono largamente illogiche. Qualunque improvvido ragionamento mirato nuovamente a giustificare l’applicazione lineare dell’imposta del 5 per mille sulla raccolta dell’exchange sarebbe pertanto un mero paralogismo”, un ragionamento errato.
Quello che rende la tassa iniqua è la decisione del Governo di calcolarla – invece che sugli utili -sulla raccolta, un metodo “anacronistico e superato dalla Legge di Bilancio 2016”, osserva ancora Marasco. A quel punto ADM è stata costretta a effettuare “il rocambolesco escamotage di addebitare la tassa agli scommettitori, creando un unicum ed un precedente importante”. Ma se poi si torna a ragionare in termini di utili “c’è una netta sproporzione tra la quota di mercato e il contributo alla tassa: il betting exchange assicura meno del 2% dei ricavi delle scommesse, nonostante questo per il 2020 ha versato oltre il 15% del totale del nuovo tributo”. Secondo Marasco, ADM aveva delle valide alternative: “avrebbe dovuto a ragion veduta chiedere una rettifica della norma proponendo una percentuale addizionale sugli imponibili vigenti o – in subordine – escludere il segmento Exchange, rilevando l’impossibilità di applicazione”.
Anche per questo LOGiCO chiede che i Monopoli si confrontino con gli operatori: “Il vero valore della sentenza è il principio per il quale gli operatori dovrebbero essere presi maggiormente in considerazione prima che venga adottato un provvedimento che li riguarda. Ci auguriamo quindi che con ADM si possa aprire una nuova stagione di dialogo. Ne gioverebbero tutti”. E l’associazione non manca di ricordare che sarebbe opportuno trovare un’intesa anche sulle concessioni “comunitarie” del gioco online: “sono circa una ventina le pronunce cautelari del TAR con cui, a partire dall’ottobre scorso, sono stati sospesi tutti i provvedimenti di distacco dell’ADM, ritenendo plausibile la tesi sostenuta dai ricorrenti in favore di un “allineamento temporale, al 31 dicembre 2022”.