Casinò sempre più hi-tec, ma le truffe hanno oltre cent’anni
- Esistono le truffe hi-tec, ma i trucchi più diffusi sono molto più semplici
- Hanno una tradizione lunghissima, e ogni truffa ha il proprio nome
- I tavoli da gioco sono sempre più tecnologici, e la sorveglianza è ancora maggiore, ma tutto parte dal croupier
- Gianfranco Preverino racconta le truffe più comuni, e quelle più divertenti. Jerome Iozza le strategie adottare dalle case da gioco
Quando parliamo di truffe ai casinò, pensiamo a carte segnate con inchiostri che si vedono solo grazie a delle lenti speciali, a nerd che contano le carte, a hacker in grado di riscrivere i software delle slot per pilotare le vincite, a telecamere nascoste nei polsini per vedere le carte che usciranno. Tutto questo avviene, e esistono i veri e propri artisti, come Dustin Marks e Richard Marcus. Entrambi erano in grado di compiere diversi tipi di truffe, e nel corso del tempo hanno dovuto ideare nuovi trucchi per aggirare i controlli sempre più intensi. Ma in sostanza la loro specialità era quella di far sparire alcune delle fiches che avevano puntato ogni volta che avevano cattive carte in mano, e – letteralmente – moltiplicare le chip quando erano certi di vincere. Entrambi hanno smesso da tempo, Marks tiene corsi e scrive libri sulle truffe, Richard è diventato un consulente delle case da gioco. Quando si chiede loro quanto abbiano guadagnato con i loro trucchi, sorridono beffardi, ma il più grande risultato probabilmente è che, nonostante abbiano una carriera decennale alle spalle, possono vantarsi di non essere mai stati scoperti.
Ma nella maggior parte dei casi però è tutto molto più semplice, tanto che a volte questi trucchi sono a metà tra l’assurdo e il ridicolo. Il fatto è che a dirla con Gianfranco Preverino, “Quello che è cambiato è il modo, un tempo per segnare le carte si usava la matita e oggi l’inchiostro che si vede solo agli infrarossi. Ma i metodi per barare sono gli stessi da 500 anni, ancora oggi qualcuno viene beccato con una macchinetta nascosta nella manica della camicia che gli mette in mano le carte vincenti e tira via le altre”. Sembra una scena di un film western, e invece queste macchine sono molto più vecchie, “Ne parlava già Pietro l’Aretino nel 1.543”. Eppure questi trucchi funzionano ancora.
Una delle persone che ci spiegano che succede esattamente ai tavoli dai gioco lo abbiamo già presentato. Gianfranco Preverino questi trucchi li conosce bene, visto che è uno dei massimi esperti mondiali sulle tecniche dei bari. Chiariamolo subito, di mestiere non fa il baro, ma il prestigiatore. In ogni caso non è esattamente il cliente ideale per un casinò, e infatti è stato bandito da diverse case da gioco. Anche se – a differenza dai truffatori – per lui la bravura sta nel far sparire le carte proprio quando tutti lo guardano. L’altro esperto è Jerome Iozza, croupier con esperienza ventennale e ora responsabile – insieme al fratello Jonathan – della scuola JCA, che dopo Roma e Milano, ha aperto una sede anche a Malta.
A volte basta una spintarella
La poussette “E’ vecchia come il mondo” commenta Preverino, e probabilmente nelle sue mille varianti è la truffa più diffusa. Poussette in francese vuol dire passeggino o carrello, ma anche – nel ciclismo – è il corridore che si aggancia a un’auto per riguadagnare il gruppo, e ai tavoli da gioco il colpetto che si dà alle fiches, per spostarle su una casella vincente quando non si può. Generalmente viene fatta alla roulette, o a giochi simili, e c’è bisogno di mettere su una banda. Perché in sostanza uno dei complici distrae il croupier e il personale di sala proprio mentre la pallina si sta per fermare e è vietato piazzare puntate, a quel punto i truffatori al tavolo spostano prontamente le fiches. Il movimento deve essere fulmineo, non c’è tempo per centrare una vincita consistente, e bisogna puntare a un piccolo premio ogni volta, così si muovono le fiches sui lati del tavolo: sul pari o sul dispari, sul nero o sul rosso, se ci si riesce su una sestina. A raccontarla, viene da pensare che non funzionerebbe mai, il croupier o un altro giocatore se ne accorgerebbero subito, eppure giusto poche settimane fa la Cassazione ha condannato alcuni esponenti di una banda che si era specializzata in questo tipo di colpo. Alla fine li hanno presi, è vero, ma prima i truffatori avevano ripulito non solo i casinò italiani, ma anche quelli francesi, tedeschi e spagnoli.
Ma a volte ne servono due
“Ci sono anche versioni più raffinate” dice Preverino, e racconta di un baro che era in grado di fare quella che potremmo definire una doppia poussette, ma in gergo “si chiama Top Hatting” chiosa Iozza. Con la prima il baro si faceva scoprire, e “a quel punto il croupier lo invita a allontanarsi, e il truffatore obbedisce. Quello di cui nessuno si è accorto però è che il baro con un gomito ha mosso anche un’altra fiche, magari sul rosso, o sul nero. E al tavolo c’è un complice che a quel punto ritira la vincita”.
Dalla pece al nastro adesivo
Come lascia capire il nome, anche questa truffa è vecchissima, e un tempo si usava la pece. A farne le spese, in questo caso non è direttamente la casa da gioco, ma gli altri giocatori, magari quelli più distratti. Il pecista si attacca un pezzetto di nastro adesivo su un gomito o su un polsino, e mentre finge di piazzare una puntata attacca e porta via una fiche che qualcuno ha già posizionato sul tavolo. Il colpo ideale avviene quando un giocatore fa una puntata forte, piazzando un bel mucchio di fiches. “Il truffatore allora finge di voler puntare su una casella lontana, e quindi di dover scavalcare la giocata vera” spiega Preverino. Il truffatore si allunga sul tavolo, “gli basta sfiorare leggermente il mucchio di fiches, per portare via quella che è in cima”.
L’uomo che sussurrava ai dadi
“La truffa più sciocca e divertente che ho sentito è stata fatta alcuni anni fa a un tavolo di dadi, il Craps” racconta Preverino. A sentirla sembra veramente il trucco più stupido del mondo, se non fosse che a farne le spese è stato nientemeno che il Bellagio di Las Vegas, e che la truffa è stata ripetuta per un paio di anni. I tre artefici in totale si sono messi in tasca oltre un milione di dollari. Ma Iozza poi aggiunge che non è l’unico caso, “è un trucco che si faceva molto spesso alla roulette francese”. La cosa più complicata probabilmente è che occorre trovare un croupier disposto a fare da complice. Alcune particolari puntate – come quelle sul risultato esatto – si possono fare parlando, il giocatore non deve piazzare fisicamente le fiches, ma basta che dica al croupier di voler scommettere su quell’esito. “Questo gruppetto di giocatori vinceva troppo, e il personale della casa da gioco non riusciva a capire come facessero”. Una addetta alla sicurezza giura di aver passato settimane a guardare e riguardare i filmati delle partite, ma sembrava non esserci nessun trucco. “Alla fine si sono accorti che i giocatori non dicevano una parola sensata, farfugliavano giusto per muovere le labbra. Poi lanciavano i dadi e, qualunque cosa uscisse, il croupier li pagava“. Ma Iozza spiega anche che i casinò hanno imparato a difendersi: “oggi ogni tavolo ha dei microfoni, e il croupier deve ripetere esattamente la puntata del giocatore, altrimenti non è valida”
La sedia a rotelle che contava le carte
Un’altra storia assurda è quella della sedia a rotelle, “Stiamo parlando degli anni ‘60 o ‘70” racconta Preverino. “C’era un tipo che aveva nascosto un computer per contare le carte in una sedia a rotelle”. Solo che all’epoca i computer occupavano una stanza. “L’uomo camminava benissimo, la sedia a rotelle gli serviva solo per mascherare tutta l’elettronica di cui aveva bisogno”. Il che probabilmente includeva anche una batteria, ma evidentemente il carico era eccessivo. “La leggenda vuole che ci sia stato un corto-circuito e la sedia ha preso fuoco. A quel punto l’uomo è balzato in piedi e è scappato via”.
Ecco perché un prestigiatore non ripete mai due volte lo stesso trucco
Molte volte, sono i normali giocatori a compiere una truffa, e lo fanno involontariamente. “Magari il giocatore, senza rendersene conto, punta su una combinazione quando non potrebbe farlo. E il croupier distratto paga la vincita” racconta Iozza. “Ovviamente il giocatore a quel punto incassa le fiches e non dice nulla”. Il problema però è che poi ci riprova. “A me è successo una volta, avevo dato il cambio a un croupier al tavolo da blackjack, e il collega non si era accorto che un giocatore aveva fatto dei Past-posting, ovvero aumentava la posta sul tavolo quando non poteva più farlo”. A quel punto il cliente aveva preso il coraggio. “La prima volta avevo il sospetto, ma non ne ero sicuro. Ho pagato la vincita, ma ho iniziato a tenerlo d’occhio. A ogni mano facevo attenzione a quante fiches puntava. Quando ci ha riprovato, ho avuto la certezza che barasse, ma lì per lì mi sono limitato a dargli un avvertimento, e gli ho spostato le fiches che aveva aggiunto di nascosto. Quando mi hanno dato il cambio, ho chiesto alla sicurezza di controllare i filmati per vedere cosa fosse successo con il croupier che mi aveva preceduto. A quel punto hanno scoperto tutto”.
Tanta tecnologia, ma nulla è come il croupier
Le case da gioco non sono lì per farsi fregare, e nel corso del tempo hanno adottato misure di sicurezza sempre maggiori. A iniziare dalle videocamere. Un tempo ce n’era una ogni cinque o sei tavoli, adesso “a un tavolo di dadi ce ne sono addirittura sette”, spiega Iozza. Ma il croupier ha ancora un ruolo fondamentale, tanto che la scuola JCA dedica una parte del corso alle tecniche di baro. “Usiamo dei filmati che ci ha messo a disposizione vari operatori di casinò, una catena di casinò inglesi. Sono i filmati della sorveglianza, in questo modo i nostri studenti possono capire come si comportano i bari e imparano a riconoscere i loro trucchi”.