Salva Sport, si ricomincia: mancano 30 milioni da pagare

Salva Sport, si ricomincia: mancano 30 milioni da pagare

Legislazione

Si riprende a litigare sul Salva Sport, la tassa che il governo aveva imposto al settore delle scommesse per assicurare qualche riserva extra per lo sport. La tassa doveva essere pagata solo per il 2020 e il 2021, la vicenda quindi – che comunque di scontri ne ha già visti parecchi – ormai sembrava bella e chiusa.

L’ADM aveva addirittura emesso dei provvedimenti per stoppare il pagamento in anticipo e stabilire quanto dovesse versare ciascun bookmaker. Adesso invece la stessa ADM ha chiesto agli operatori dei soldi in più, e a quanto pare mancano ancora all’appello una trentina di milioni.

 

Il tetto dei 50 milioni

La norma che ha introdotto la tassa in effetti aveva una formulazione piuttosto contorta. Prevedeva in sostanza che i concessionari delle scommesse versassero il prelievo – lo 0,5% delle puntate raccolte – all’erario. Che poi avrebbe usato questi questi soldi per alimentare il fondo Salva Sport. La norma inoltre fissava un tetto di 40 milioni per il 2020, e di 50 milioni per il 2021.

E tutti finora – Amministrazione compresa – avevano capito che una volta raggiunte queste cifre, gli operatori non avrebbero dovuto versare altro. È quello che poi è avvenuto in quegli anni. Non appena raggiunto l’obiettivo, i bookmaker, con il via libera dell’ente regolatore, hanno interrotto i versamenti con diversi mesi di anticipo.

 

La nuova interpretazione della Ragioneria dello Stato

Nei mesi scorsi è però intervenuta la Ragioneria dello Stato per fornire un’interpretazione differente. I dettagli ancora non si conoscono, ma da quanto è possibile ricostruire, secondo la Ragioneria quegli importi di 40 e 50 milioni riguardano solo gli importi che l’erario deve trasferire al fondo.

I soldi che invece i concessionari devono versare come prelievo sono una questione differente. In altre parole, le compagnie devono continuare a pagare anche quando il target è stato raggiunto in anticipo. Quello che avanza finisce e rimane nelle casse dello Stato. Di qui la richiesta di versare altri 30 milioni di euro, praticamente il 30% in più di quanto hanno già versato.

 

Bookmaker pronti a fare ricorso

Ora gli operatori delle scommesse sembrano intenzionati a tornare di fronte al Tar Lazio. Peraltro, la tassa è già finita più volte di fronte ai giudici. Sia perché, nel caso del betting exchange, la tassazione sulla raccolta è molto difficile da applicare. Sia perché il prelievo ha colpito anche le scommesse ippiche, cosa che la norma non sembrava prevedere. I giudici con qualche tentennamento hanno difeso l’impianto, ma le motivazioni non erano affatto convincenti. Ora, la richiesta di versare altri soldi suona come una beffa.

Gioel Rigido