Il bingo chiede aiuto al Governo, o le sale chiuderanno
- Le associazioni del bingo scendono sul sentiero di guerra, Ascob in particolare si dice pronta a restituire le concessioni
- La goccia che ha fatto traboccare il vaso sono i canoni di proroga per il secondo lockdown, il Governo infatti non li ha mai cancellati, anche se per ora non ne ha chiesto il pagamento
- In realtà la crisi del bingo è iniziata 9 anni fa, è il comparto che più di tutti mostra quanto sia necessario il riordino del settore
- La soluzione potrebbe essere già stata scritta, ma il Governo per ora l’ha messa da parte
Il bingo è con le spalle al muro, lo gridano a gran voce le due maggiori associazioni del settore, Federbingo e Acob, e mentre la prima apre un tavolo di crisi per avviare un confronto con il Governo, la seconda vuole scendere in piazza e si dice pronta a restituire le concessioni se i canoni di proroga non verranno riportati immediatamente ai 2.800 euro di partenza. Il Governo Draghi dal canto suo sembrava pronto a intervenire, aveva già pensato a una soluzione che poi però ha accantonato.
I canoni di proroga mai cancellati
La goccia che ha fatto traboccare il vaso sono i canoni di proroga che le sale dovrebbero versare per il secondo lockdown. Gli operatori si aspettavano che venisse inserita una norma nella legge di Bilancio o nell’ultimo decreto Sostegni. Anche perché il Governo aveva cancellato i canoni per il primo lockdown, quello dell’inizio del 2020, ma poi per il secondo, quello tra il 2020 e il 2021, ha preferito non intervenire.
Le sale non hanno mai pagato, anche perché si tratta di un gruzzoletto di 7.500 euro al mese, per circa sette mesi di chiusura, quindi oltre 50mila euro. E c’è anche da dire che al momento quei soldi nessuno li ha chiesti. Però formalmente il debito c’è, e nei prossimi mesi ADM potrebbe presentare il conto.
La proroga senza fine
La vicenda dei canoni di proroga è però solo l’ultima scossa che fa tremare il settore. Il bingo è in realtà il comparto che più di tutti mostra quanto sia necessario il riordino del settore. Le concessioni infatti sono scadute dal 2013-2014 – sono passati nove anni, il tempo di una gara – e da allora operano in regime di proroga. Di tanto in tanto il Governo di turno annuncia la gara, ma dopo poco è costretto a rinviare tutto e concedere una nuova proroga.
Il problema sono sempre le leggi regionali sul gioco: se il Governo assegnasse delle nuove concessioni con la gara, le sale – anche quelle che sono lì da vent’anni e rinnovano la concessione – verrebbero considerate delle nuove aperture. E in base a quanto prevedono diverse leggi regionali, a quel punto sarebbero costrette a rispettare il distanziometro. Di fatto la maggior parte non potrebbero riaprire, se non trasferendosi in delle zone sperdute. Insomma, c’è il rischio concreto che le gare vadano deserte.
Ma gli operatori vorrebbero la gara
Tuttavia dal punto di vista degli operatori il regime di proroga è tutt’altro che vantaggioso. Anzi, per quanto sembri assurdo dirlo, è uno stillicidio. Il canone di proroga è quasi triplicato nel corso degli anni: all’inizio era stato fissato a 2.800 euro, poi è passato a 5.000, da qualche è arrivato appunto a 7.500 euro. Se fosse stata indetta la gara, le sale si sarebbero aggiudicate la concessione con 350mila euro, e avrebbero potuto operare per 9 anni senza problemi. “Con la proroga le sale ne pagano 90mila l’anno” ha detto Salvatore Barbieri, presidente di Ascob. “Vuol dire che fino a oggi hanno pagato quasi 1 milione di euro”.
Poi però ci sono anche un problema di carattere imprenditoriale. Le sale hanno delle concessioni che sono scadute da 8 o 9 anni, e il Governo – a cadenze periodiche – estende la proroga di un altro anno o due. Insomma, le sale navigano a vista, oggi ci sono, ma domani potrebbe cambiare tutto. E questo – hanno più volte lamentato – rende impossibile fare qualunque piano imprenditoriale. Se le sale vogliono sostituire l’arredamento, non possono nemmeno andare in banca a chiedere un prestito, visto che potrebbero non avere il tempo di restituirlo.
La situazione insomma era già compromessa, quando è esplosa la pandemia. Da qualche mese a questa parte, poi, gli operatori sono costretti anche a fare i conti con la crisi energetica: per arginare la diffusione del virus sono tenuti a tenere gli impianti di condizionamento dell’aria alla massima potenza, e gli importi della bolletta sono triplicati.
Le battaglie che Ascob e Federbingo portano avanti da anni
Ascob e Federbingo in questi anni si sono battute per rimettere le cose in equilibrio, anche se hanno seguito strategie differenti. Federbingo ha sempre cercato il dialogo, adesso però ha riunito un tavolo di crisi – insieme a EGP – per spingere il Governo a intervenire immediatamente. E chiede in particolare quello che il presidente Italo Marcotti definisce come un “intervento di manutenzione”: “Il canone di proroga di 7.500 euro era stato fissato anni fa, quando le sale attraversavano un momento favorevole e avevano un’elevata capacità di produrre reddito. Oggi le condizioni sono mutate profondamente”.
Ascob invece negli anni scorsi ha intentato diversi ricorsi al Tar cercando di riportare il canone di proroga ai 2.800 euro di partenza. È anche arrivata di fronte alla Corte Costituzionale che tuttavia circa un anno fa ha giustificato i continui aumenti: “la pervasiva componente pubblicistica che caratterizza” il rapporto concessorio “può giustificare l’imposizione di sacrifici o limitazioni, in funzione del perseguimento degli interessi pubblici sottesi alla regolazione di queste attività imprenditoriali”.
Adesso vuole alzare l’asticella: “Ci stiamo organizzando per scendere in piazza quanto prima, ma se sarà necessario siamo pronti anche a restituire le concessioni” ha detto Barbieri sempre a PressGiochi. E anche lui sottolinea che la cifra dei canoni di proroga non rispecchia minimamente il valore delle concessioni: “Che senso ha oggi mantenerla a quel livello? Noi – a causa dei limiti numerici di accesso – sfruttiamo un terzo della concessione. Senza contare che le spese sono cresciute a dismisura”.
Il Governo fa retromarcia
Il Governo da parte sua sembra avesse già scritto la soluzione: quando il Parlamento stava discutendo la legge di Bilancio a dicembre scorso, circolava un emendamento molto dettagliato che rimetteva in ordine nel settore del gioco. La norma rilanciava infatti tutte le gare: quelle degli apparecchi, delle sale da gioco, delle agenzie di scommesse, del gioco online, e anche quelle del bingo. E per quest’ultimo, oltretutto, riportava il canone di proroga a 2.800 euro, fino alla partenza delle nuove concessioni. Dell’emendamento però si sono perse le tracce, non è nemmeno arrivato sui banchi del Parlamento.
Quell’emendamento comunque potrebbe essere il punto di partenza del progetto di riordino di cui il sottosegretario Federico Freni parla da tempo. Anche perché il fatto che Sergio Mattarella sia stato rieletto Presidente della Repubblica sembra restituire nuova forza al governo Draghi. L’Esecutivo adesso sembra avere tutte le carte per arrivare alla fine della legislatura, e le elezioni politiche si terranno nel 2023. Manca circa un anno, servirà tutto per portare a compimento il riordino del settore.